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  Trattamento

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le strategie terapeutiche utilizzate nella gestione della TTP comprendono l'infusione di plasma e/o plasma exchange. Questi approcci terapeutici riducono la mortalità dall'80-90% al 20-25%. La descrizione del ruolo chiave dei multimeri ULVWF nella patogenesi della TTP e la seguente identificazione di ADAMTS13 hanno chiarito il meccansimo alla base dell'efficacia della terapia con plasma exchange: questa procedura rimuove dal circolo gli anticorpi anti-ADAMTS13 nelle forme immunomediate e corregge la carenza della proteasi nelle forme congenite. E' stato dimostrato che un ritardo nell'inizio del trattamento (dopo le 24 ore) può comprometterne l'efficacia (33 ). E' dunque importante la rapidità nel porre diagnosi di TTP e l'inizio del trattamento con plasma a diagnosi clinica formulata in presenza di anemia emolitica, trombocitopenia da consumo senza altre cause apparenti e incremento dei livelli sierici di LDH.
Non ci sono indicazioni circa il numero di sedute di plasma exchange necessarie ad ottenere la remissione della fase acuta. Sono indicate sedute giornaliere di plasma exchange con uno scambio di 3-5 litri di plasma fino al raggiungimento della remissione dei sintomi in presenza di una conta piastrinica stabilmente superiore a 150x109/L, normalizzazione dei livelli sierici di LDH e correzione dell'anemia. Vi è inoltre indicazione a continuare il trattamento giornaliero con plasma exchange per ulteriori tre giorni dopo il raggiungimento della remissione (34). Diversi lavori riportano l'utilità della terapia di profilassi degli episodi ricorrenti nella TTP congenita, basata sulla somministrazione di plasma (30 ml/Kg) ad intervalli regolari (ogni 5-7 giorni) (34).
Per la forma acquisita di TTP causata dalla presenza di autoanticorpi anti-ADAMTS13 è stata proposta l'associazione di una terapia immunosoppressiva alla terapia con plasma exchange. Questo approccio terapeutico prevede l'utilizzo di corticosteoidi, immunoglobuline per via endovenosa, splenectomia, agenti citotossici e anticorpi monoclonali anti CD20 (35,39).
Gli setroidi sono frequentemente utilizzati nel trattamento dell'episodio acuto di TTP immunomediata, tuttavia l'efficacia di questa strategia terapeutica non è stata dimostrata da studi di controllo. La dose di prednisone raccomadata è di 1.0-1.5 mg/Kg. L'efficacia del trattamento di prevenzione di recidiva nelle forme croniche ricorrenti di TTP mediante somministrazione di basse dosi di corticosteroidi non è stata dimostrata, tuttavia queto approccio terapeutico è frequentemente adottato. La dose utilizzata nel trattamento con immunoglobuline per via endovenosa è pari a 400 mg/Kg per 5 giorni o in alternativa 1g/Kg per 2 giorni. La splenectomia, come in altre patologie su base autoimmune, può essere effettivamente presa in considerazione nelle forme di TTP cronica ricorrente refrattaria agli altri approcci terapeutici. La sua efficacia, che tuttavia non è costante, si basa sulla rimozione di un'importante sede di produzione degli autoanticorpi anti-ADAMTS13. Negli ultimi anni vi è stato un incremento nell'utilizzo degli anticorpi monoclonali anti-CD20 (rituximab) nella terapia della TTP, in particolare nei casi refrattari al trattamento con plasma exchange e caratterizzati da frequenti episodi ricorrenti. Lo scopo del trattamento con rituximab è sopprimere la produzione degli anticorpi anti-ADAMTS13 mediante deplezione dei linfociti B. La dose raccomandata di rituximab è di 375 mg/m2 ogni 7 giorni, ripetuta per tre o quattro cicli.
Diversi case report e lavori su piccole casistiche suggeriscono che il rituximab sia in grado di indurre una risposta completa nella maggior parte dei soggetti affetti da TTP refrattaria ai trattamenti con plasma exchange, corticosteroidi ed altri approcci come l'utilizzo di vincristina e la splenectomia. La risposta al rituximab è correlata alla scomparsa degli anticorpi anti-ADAMTS13 con normalizzazione dei livelli plasmatici dell'enzima (40).
Un'altra categoria di farmaci, il cui uso è attualmente controverso, è rappresentato dagli inibitori dell'aggregazione piastrinica quali la ticlopidina, il clopidogrel, l'acido acetilsalicilico e il dipiridamolo. Il loro utilizzo non è basato su di un razionale patogenetico, poichè non sono in grado di inibire l'aggregazione piastrinica indotta dai multimeri ULVWF (9). Non sono in ogni caso da utilizzare in presenza di una conta piastrinica inferiore a 50x109/L onde evitare un aumento del rischio emorragico.
Un algoritmo per il trattamento della TTP è stato proposto nel 2000 da George (5), e si basa sull'esperienza nel trattamento di una larga coorte di pazienti nell'Oklahoma inclusi nel registro Oklahoma TTP-HUS (Figura 1).
   
 

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